Come breve corollario alla prima riflessione di questo blog, commento un articolo di HuffPostUK [QUI], che mostra la correttezza delle osservazioni fatte. La traduzione è mia:

La regina Elisabetta ha ribadito l’impegno di una vita al servizio [del suo paese] nel messaggio del Commonwealth Day di lunedì, pochi giorni dopo aver rivelato che non avrebbe partecipato di persona al servizio reale di a causa di problemi di salute.

Nell’anno del mio Giubileo di Platino, ho avuto il piacere di rinnovare la promessa che ho fatto nel 1947, che la mia vita sarà sempre dedicata al Servizio” […] “Oggi è gratificante osservare un Commonwealth moderno, vivace e connesso che combina una ricchezza di storia e tradizione con i grandi progressi sociali, culturali e tecnologici del nostro tempo”. […] La festa di lunedì ha lo scopo di celebrare il Commonwealth, un’associazione di 54 paesi, la maggior parte dei quali ex colonie britanniche. Elisabetta è il capo di stato formale in 15 nazioni del Commonwealth, tra cui Canada, Australia, Giamaica e Bahamas. […] Dopo aver discusso gli accordi con la Casa Reale, la Regina ha chiesto al Principe di Galles di rappresentare Sua Maestà al Commonwealth Service presso l’Abbazia di Westminster lunedì”, si legge nella dichiarazione che annuncia la “cancellazione” della Regina.

In sintesi i due fatti rilevanti, già riportati da mezza stampa italiana e internazionale: la Regina non si muoverà dal Castello di Windsor, ergo non risiederà più a Buckhingham Palace, luogo deputato alle mansioni “statali” del monarca inglese; e non presiederà alle Celebrazioni per l’Anniversario della Costituzione del Commonwealth, istituto centrale del suo Regno, come lo era stato per il Regno del padre Giorgio VI.

Considerato che quest’anno si tiene l’importante Giubileo che vede Elisabetta II festeggiare i 70 anni di Regno ci si chiede se sia addirittura possibile l’assenza della “festeggiata” causa problemi di salute; perfino un commentatore vicino alle faccende Reali come Robert Jobson sta avanzando scetticismo verso la possibilità di rivedere la Regina in occasioni pubbliche. A mio parere un monarca che non può presenziare un tale evento sta firmando mestamente la fine del suo compito.

Nel documento ufficiale riportato da tutti i giornali la Regina ha poi ricordato lo storico discorso del 1947, testo chiave della deontologia del suo Regno, come facevo notare settimana scorsa. Ribadendo perciò il mantenimento formale delle sue funzioni fino alla morte, con ancora lo spettro della vergogna dello zio.

Ciononostante il Principe del Galles è finalmente diventato “Lettore Numero 2” dei documenti governativi (dopo la madre), quindi ha assunto parte del ruolo sostanziale, sempre in secondo piano cosicché non si pensi che la Regina stia abiurando alle sue mansioni. Questo dimostra ancor più che, anche quando in extremis la Royal Family decide di rendere partecipe l’erede legittimo in maniera meno formale e più sostanziale, la parola “abdicazione” è da considerarsi blasfema così come l’atto concreto.

C’è da dire che delegando parte delle funzioni “sostanziali” e gran parte di quelle simboliche, compresi eventi fondamentali come il Commonwealth Day, quella che si configura è una abdicazione de facto e non de iure, simile a quella del Liechtenstein, ma senza che sia data all’erede primo in linea di successione la possibilità di convenire col Primo Ministro o – come è avvenuto pochi giorni fa a Windsor – col presidente dell’Australia. L’erede presenzia alle cerimonie simboliche, che però sono tutto ciò che rimane delle funzioni monarchiche, senza che “simbolicamente” si possa nominare l’atto della abdicazione, in una specie di cortocircuito meta-simbolico. Discuterò altrove come questa sia una delle spine nel fianco di qualunque monarchia voglia dirsi “moderna”.

Come coniugare una necessaria “forza” dell’istituto monarchico con una parziale rivisitazione del suo apparato simbolico, vestigia solo in parte da preservare, è tema complesso che verrà trattato in futuro.

Tuttavia ci chiediamo, assistendo all’attuale passaggio di consegne britannico, cosa cambi rispetto all’abdicazione vera e propria, così come attuata nel resto delle monarchie europee. La casa reale inglese prende i simboli così sul serio da contraddirli nella prassi pur di mantenerne la lettera.

Sembra sia ancora all’opera, silente e molesta, la paura di quella maledetta parola.

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